“Se la strada non è dritta e ci sono duemila pericoli ti basti solo ricordare che, che c’è un grande amico in me!”Woody, “Toy Story”
Poteva sembrare che le nostre cinque paia di occhi stessero seguendo la traiettoria indicata dall'indice del signore indigeno.
All'orgoglioso pensionato locale avevamo chiesto informazioni per parcheggiare verso il sentiero che ci doveva condurre al Rifugio del Curò e i nostri sguardi, invece, esprimevano sbigottimento: nella sua risposta pronunciò qualcosa come “Ma sapete dov'è?”, sembrò che i suoi baffi si arricciassero come se avesse dato loro ordine di trasmettere fermezza e il dito proteso, assieme a una sana dose di autorità autoctona, si stendeva verso un punto non ben definito tra i monti che a noi parve infinitamente lontano.
I nostri baldi e blandi piani di viaggio ci avevano dato un’idea ben diversa dalla reazione del signore: la non difficoltà del percorso immaginata era in contrasto con la sua risposta preoccupante.
Ma una volta intrapreso il sentiero ci rendemmo conto che la difficoltà maggiore non fu altro che un paio di ciclisti da gestire nelle loro intrepide salite su due ruote per un sentiero che si snodava dando una sensazione di spontaneità, come se esso volesse tentare chiunque di farsi imboccare grazie alla semplicità tecnica miscelata con la giusta dose di bellezza offerta.
L’escursione gradevole non ci permise né di preoccuparci né di farci coinvolgere eccessivamente dall'impegno fisico e al contempo offrì l’occasione di tessere tra di noi un altro filo che legasse ulteriormente le maglie dei nostri rapporti: chiacchierate lungo il percorso, risate e fermate per scattare fotografie non solo erano lecite ma sembravano dovute lungo quel sentiero; dovute come un tributo da offrire allo spirito di una montagna che non avesse scelto fin dalla sua nascita di ergersi come sfida, minaccia e ostacolo su coloro che la affrontano bensì come luogo accogliente dove ritrovare la natura e con essa noi stessi, legami così difficili da riscoprire nei giorni nostri.
Probabilmente questi desideri furono gli stessi che animavano le molte altre persone che intrapresero l’escursione; la qual cosa non ci entusiasmò, a onor del vero: un sentiero e una cima pullulante di persone fa perdere quel clima di tranquillità e di raccoglimento che ognuno cerca.
Ma questa montagna è diversa: ci mostra come essa, pur senza un cuore, ne sappia accogliere di infiniti e diversi; di contro subito pensai come invece io, che eppure un cuore lo ho, non voglia accettarne neanche un numero infinitamente minore e che non sia conosciuto.
Non soddisfatti del Rifugio prendiamo la direzione del Lago di Barbellino e suggelliamo la nostra avventura tra goliardici tuffi e nuotate con sorridenti maledizioni sulla freddezza dell’acqua, colmi di una sensazione di pienezza.
E ora? Ora che siamo a casa immersi nelle nostre routine? Nelle nostre noie quotidiane? Possiamo in questo momento dirci felici quando tutta quella gioia rimane nel passato? Diremmo di no, la soddisfazione c’è stata e ora non c’è più.
Ma sapendo che la prossima avventura non aspetta altro che un “Sì!” alla sua chiamata, se ci chiedessero: “Ma in questo momento esatto, siete felici?” tutti assieme entusiasti per l’impresa che già ci aspetta risponderemmo: “Non ancora!”
Pietro Cirino
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Lago
del Barbellino 1862 m s.l.m.
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Info Tecniche | |
---|---|
Difficoltà
|
Escursionisti (E)
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Partenza
|
Valbondione (BG)
(900 m s.l.m.) |
Arrivo
|
Lago del Barbellino
(1862 m s.l.m.) |
Tempo di
percorrenza |
3.00 h
|
Dislivello
positivo |
1000 metri
|
Punti di
Appoggio |
Rifugio Curò
(1915 m s.l.m.) |
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