Mio Signore e Mio Dio
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He Qi, Il dubbio di Tommaso |
Un mondo che crolla, una speranza che svanisce, un amore interrotto... tutto questo deve essere stata la morte di Gesù per i suoi discepoli.
Da qui la paura, il sentirsi come ingannati, stupidamente illusi …
Tutto davvero sembrava finito, inghiottito da un sepolcro.
Ma la pietra è stata ribaltata dal sepolcro… il sepolcro è vuoto… ed esplode un annuncio: «Non abbiate paura! Gesù il crocefisso è risorto come aveva detto!»
E Gesù appare ai suoi discepoli, vivo.
Paolo a ragione afferma: «Se Cristo non fosse risorto la nostra fede sarebbe vana».
Tutto crollerebbe: alla Pasqua è appesa la nostra fede, la nostra vita, la nostra gioia, la nostra speranza.
Così per i discepoli, così per noi oggi. Così per l’apostolo Tommaso di cui ci narra il Vangelo di domenica 19 aprile 2020, 2^ domenica di Pasqua (Gv 20,19-31)
Come ultima risorsa per convertirci alla gioia, per convincerci della Resurrezione, la Chiesa ha scelto il mezzo, l’argomento, il modello che più ci conveniva, uno che ci rassomiglia abbastanza per poterci affidare a lui: Tommaso, il renitente, il dubbioso, il pessimista, colui che ha opposto l’ultima resistenza, quella dei realisti, dei pessimisti, di coloro che diffidano sempre quando le cose sono troppo belle.
Tommaso è un autentico uomo di oggi, un esistenzialista, uno che non crede che a ciò che tocca, un uomo che non vuole farsi illusioni, un pessimista coraggioso che acconsente, sì, ad affrontare il male, ma che non osa credere alla felicità. Per lui il peggio è sempre la cosa più sicura. Ciò che ci commuove in Tommaso, ciò che ce lo fa sentire nostro fratello, nostro contemporaneo, è anzitutto la violenza della sua rivolta. Da questo povero Tommaso dubitante e violento, Gesù ha tratto il più bell’atto di fede del Vangelo. Gesù l’ha amato tanto, l’ha trattato, curato, guarito con tanta dolcezza … Tommaso è stato trasportato a un’altezza che nessuno degli altri aveva finora raggiunto. Folgorato, schiacciato, è caduto in ginocchio e ha detto: «Mio Signore e mio Dio!»
Louis Evély, Il Vangelo della gioia, Cittadella
Tommaso personalizza il dubbio dei discepoli, il nostro dubbio, la nostra fatica di credere.
Quello di Tommaso è un dubbio molto serio perché evidenzia la libertà della fede, evidenzia che la fede è una scelta dell’intelligenza e una scelta del cuore.
Tommaso ci insegna che il dubbio non va rimosso, non va evitato, non va temuto, ma va vissuto, attraversato. Perché, come dice ironicamente Luciano De Crescenzo, «Solo gli imbecilli non hanno dubbi». La fede cristiana non teme la ragione, anzi la chiede. La fede non è “contro la ragione”, è “oltre la ragione”. Anzi, è la stessa ragione che, giunta a un certo punto, se ben usata, ci suggerisce di aprirci al “Mistero”.
L’ultimo passo della ragione è riconoscereche vi è una infinità di cose che la superano.Pascal
Il mistero non è ciò che non si potrà mai comprendere,ma ciò che non si finirà mai di comprendere.Sant’Agostino
La fede e la ragione sono come due alicon le quali lo spirito umano si innalzaverso la contemplazione della verità.Giovanni Paolo II, Fides et ratio
Ad un certo punto la ragione non basta. Ad un certo punto occorre fidarsi, occorre rischiare, scommettere, affidarsi, occorre la fede. Come per Tommaso che è passato dall’incredulità all’estasi, dal dubbio alla certezza. La fede ti dà occhi, ti dà ali. Così è stato per Tommaso: attraverso il dubbio arriva alla certezza, diventa credente e dice: “Mio Signore e mio Dio”, una delle affermazioni teologiche più alte del Nuovo Testamento, in cui l’aggettivo possessivo “mio” esprime amicizia, passione, fede, affetto, appartenenza.
Il Signore dice anche a noi: “Non essere incredulo, diventa credente!” e insieme ci fa la domanda tipica degli innamorati: “Ma tu mi ami?” Perché la fede è innanzitutto rapporto d’amore con Lui. Credere è cor-dare, credere è dare il cuore.
Per questo prego così per me e per voi:
Signore Gesù, oggi tu ci comunichi che il vero miracolo è ... credere!
Aiuta questo cammino, spesso contorto e tortuoso.
Fa' che possiamo camminare in compagnia di Tommaso,
il nostro ... Dìdimo, il nostro gemello.
Uno come noi. Che non cade subito in ginocchio; che non si fida.
Che resiste, ha dei dubbi e delle esitazioni.
Uno che ha bisogno, come noi, della infinita pazienza tua.
Uno che tarda ad arrendersi.
Ma che proprio attraverso un lungo e tormentato pellegrinaggio
non vuole neppure più guardare né toccare,
e trova le parole più semplici della fede, per dire la cosa più grande:
«Mio Signore e mio Dio!»
Auguro che capiti a ognuno di noi l’abbraccio della fede, come è stato per Tommaso …
Che la via più breve
fra due punti
fra due punti
è il giro che li unisce
in un abbraccio sorpreso.
in un abbraccio sorpreso.
Luis Sepulveda
don Mirko, aprile 2020
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