“L'assenza attenua le passioni mediocri e aumenta quelle più grandi.”François de La Rochefoucauld
Le giornate hanno un sapore un po' diverso in questo ultimo mese. È strano vedere il cielo limpido e terso dalla finestra di casa propria e dover trattenere l’istinto di uscire e mettersi in moto per poterselo godere fino all’ultimo raggio di sole. È una situazione particolare che tutti stiamo sperimentando e alla quale speriamo di non doverci abituare troppo.
Aristotele diceva che l’uomo è un animale sociale: la sedentarietà, il distanziamento e lo stare isolati, lontani dalle altre persone, non sono caratteristiche che ci appartengono come esseri umani in generale e ancora meno come appassionati di montagna. Ci coglie un velo di malinconia al ricordo di tutti quegli incontri occasionali lungo i sentieri delle nostre Orobie sempre accompagnati da un sorriso e un saluto reciproco, mentre ora
camminiamo soli nei dintorni di casa, spesso senza incontrare nessuno con cui scambiare due chiacchere veloci.È una pandemia terribile, oltre che per i suoi enormi numeri, anche per tutti gli sconvolgimenti alle nostre abitudini quotidiane che ha portato con sé. E benché sia per noi prioritario rispettare con attenzione tutte le disposizioni fondamentali per il contenimento del virus, è pur vero che possiamo affrontare questo periodo difficile preservando quei valori di solidarietà e fratellanza che la montagna ci ha sempre insegnato e che presto, quando la situazione evolverà per il meglio, saremo chiamati a condividere più forti di prima.
Così mentre aspettiamo di poter tornare a camminare sulle nostre amate montagne vogliamo riviverle nell’unico modo che ci è possibile: condividendo con voi ricordi e pensieri su quanto più ci manca di loro.
“Dopo settimane di sedentarietà casalinga ecco in due giorni due cose vecchie con il vestito nuovo: giovedì Milano e venerdì montagna. La sensazione di essere un po’ topo di città e un po’ topo di montagna; il primo topo che si porta a casa la soddisfazione della concretezza dei propri progetti che si costruiscono di giorno in giorno, il piacere superficiale di un viaggio indipendente dai mezzi pubblici, sentendoti padrone del tuo regno di abitacolo e libero di scegliere la stazione radio, lo scambio professionale e produttivo di chi ha qualcosa da insegnarti con passione. L’altro topo si sveglia quando tutti dormono per affrontare un viaggio di due ore, per farne altre quattro a piedi strascicando un corpo assuefatto dalla vita domestica nella neve, qui può respirare senza maschere, cercare ristoro dalle pause del cammino con quel tè caldo preparato ore prima da condividere con i compagni, può finalmente riuscire a prendere i pensieri raggomitolati nella mente da troppo tempo e districarli pian piano al ritmo del proprio passo, qui, lontano da tutto quel che era, tirare le somme oppure non pensare affatto e riuscire ad assaporare quel che è. Io so sempre quale topo cercare, tu?”
“Da ragazzo ho sempre vissuto le escursioni come un “obbligo”, lo scotto da pagare per poter vivere appieno l’esperienza dello scoutismo. Ogni volta la stessa storia: ci si prepara lo zaino con una frase ripetuta in testa “ma chi me lo fa fare?”. Ma il peggio arriva quando parte la camminata vera e propria, tu mingherlino che devi trasportare uno zaino grosso come te e che sembra pesare il doppio. Ogni passo che fai torna quella litania: “Ma chi me lo fa fare?”. Una risposta semplice a questa domanda non esiste, ma crescendo ripensi alle tue esperienze vissute e dici “Mi sentivo stupido a partire ogni volta, ma ora so che sarei stato stupido a non farlo”. Purtroppo il Corona Virus ci ha tolto le uscite e da capo mi sembra di far vivere ai ragazzi un’esperienza tronca, quasi fasulla. La fatica della montagna fa cadere le maschere e abbatte i muri interiori mostrando chi realmente siamo: è per questo che durante una camminata è facile che si creino amicizie durature, ed è questo che mi spingeva ogni weekend su quei sentieri.”
“Quando le tocchi, non sono solo un pezzo di roccia o fili d'erba, loro ti abbracciano, ti tengono stretta tra i loro pendii.
Quando le ascolti, non senti solo la fatica, senti un’orchestra che suona una magnifica sinfonia: lo scorrere dei ruscelli, lo scricchiolio delle rocce sotto i piedi, il ronzio degli insetti e il canto solenne degli animali.
Quando le annusi, sprigiona una fragranza inimitabile, dall'odore sgradevole lasciato dagli animali, al profumo di libertà.
Quando le guardi, non si limitano a lasciarsi osservare, ma inscenano uno spettacolo da ammirare con giochi di luci e colori mozzafiato.
Quando le assapori, hanno un sapore pungente dal cuore tenero; sono un antidoto per ogni cosa, il loro metodo più efficace è farti sorridere e dare sapore alla vita.
Ebbene sì, loro sono le Montagne, le migliori amiche che ciascuno vorrebbe avere, capaci di donarti qualcosa che ti prende tutti i sensi e che non si può descrivere, ma si può solo VIVERE.”
“ «La montagna non è solo nevi e dirupi, creste, torrenti, laghi, pascoli. La montagna è un modo di vivere la vita. Un passo davanti all'altro, silenzio tempo e misura.¬ » (di Paolo Cognetti - “Le otto montagne”)
Ecco un’idea di vita che condivido molto, e che in questo ultimo periodo di difficoltà ho scoperto ancora di più. Penso che l’unico modo di camminare per una propria crescita interiore, e soprattutto l’unico modo di andare avanti in un periodo di crisi o di difficoltà nella propria vita sia innestato in queste tre radici: silenzio, tempo e misura.
Silenzio, che ho interpretato come capacità di saper guardare dentro di sé per conoscere i nostri desideri più autentici. Il silenzio dentro di noi da molte voci “esterne” ci permette di ascoltare la nostra voce interiore.
Tempo, perché i veri cambiamenti e i veri traguardi nascono lentamente e per questo è importante essere pazienti nel cammino. In montagna la vetta si raggiunge dopo ore di cammino e quello su cui ci si concentra nell’immediato è il passo successivo da fare e non la vetta da raggiungere.
Misura, conoscenza dei propri limiti e delle proprie capacità. Nel cammino della vita così come in montagna penso che sia importante conoscere i nostri limiti e le nostre capacità, ed è proprio la fatica nata dal cammino che ce le insegna perché ci obbliga a metterci costantemente in gioco, senza nasconderci mai («quando la strada sale, non ti puoi nascondere» diceva un grande ciclista).
E la conoscenza della nostra misura fa sì che troviamo il nostro ritmo di cammino, senza esagerare con sforzi che non possiamo sostenere.
Silenzio, per conoscere la vetta; tempo, per saper essere pazienti, perché l’impazienza porta allo scoraggiamento; e misura, per avere un proprio passo verso la vetta ambita.”
Tutti i narratori de “Il Richiamo delle Montagne” vi augurano un buon 2021 sperando di poterci incrociare al più presto, magari su qualche cima orobica! 😉
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